2/20/2010

"Io non sogno mai" (per Giorgio Messori)



Sapienza Università di Roma – Facoltà di Lettere
Dipartimento di Italianistica e Spettacolo

IO NON SOGNO MAI
Scrittura e sguardo in Giorgio MESSORI


Giornate di studio
martedì 23 e mercoledì 24 febbraio 2010
Facoltà di Lettere e Filosofia – Aula III (piano terra)

Giorgio MESSORI (Reggio Emilia, 1955-2006), è uno degli scrittori più interessanti e più intimamente necessari di questo scorcio del secolo. Di lui si ricordano L’ultimo buco nell’acqua, scritto insieme a Beppe Sebaste (Aelia Laelia, 1983); Nella città del pane e dei postini (2005), romanzo che è insieme diario, riflessione, cronaca d’amore e libro di viaggio, scritto durante il suo lungo soggiorno in Uzbekistan dove ha lavorato come lettore di italiano nell'università di Tashkent.; e infine Storie invisibili, volume – postumo – di racconti (Diabasis, 2009). Tra le sue numerose traduzioni va ricordata almeno Il lettore. Il narrare di Peter Bichsel (Aelia Laelia 1984, poi Marcos y Marcos 1989), scrittore col quale ebbe un lungo sodalizio.
Uomo inquieto e curioso, Giorgio Messori è stato particolarmente sensibile alle arti figurative, realizzando una felice interazione con l’attività di numerosi fotografi, a partire dalla descrizione collettiva della via Emilia, coordinata da Luigi Ghirri e Gianni Celati, cui Giorgo Messori prese parte (Dal fiume al mare, Feltrinelli 1986). Successivamente ha realizzato con Luigi Ghirri Atelier Morandi (Palomar, 1992) e Il senso delle cose Luigi Ghirri–Giorgio Morandi (Diabasis, 2005); con Vittore Fossati Viaggio in un paesaggio terrestre (Diabasis, 2007), esplorazione fotografica e letteraria sulla scia di pittori, poeti e paesaggisti europei.
Al convegno prenderanno la parola Massimo Barone, Carlo Bordini, Rocco Brindisi, Fabio Ciriachi, Paolo Di Paolo, Giulio Ferroni, Vittore Fossati, Paola Ghirri, Gino Ruozzi, Beppe Sebaste, Emanuele Trevi e tantissimi altri.
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In questo blog il nome e l'opera di Giorgio Messori ricorrono spesso, e in particolare se ne è parlato qui, qui e qui.

2 commenti:

Unknown ha detto...

L'altro giorno, anche prima, pensavo a Giorgio, una sera a Carpi (o eravamo a Reggio?) parlavamo della quarta guerra mondiale, questa guerra che, Giorgio un giorno mi ha detto, non può scoppiare questa guerra, ché se scoppia questa guerra sarà interminabile, così mi ha detto. Chi è quella? ho chiesto. Una che parla cinque lingue, è una poetessa bolognese, mi ha detto. Allora siamo sicuri che non scoppia la guerra, non eravamo sicuri, ma abbiamo detto così, sicuri, una che parla cinque lingue, mica è una lingua biforcuta, abbiamo detto. Si rideva con Giorgio. Poi è partito, non ci siamo più visti. Una sera quasi trent'anni dopo mi ha telefonato Carlo e mi ha detto: Giorgio è morto. Giorgio aveva detto, anche chi parla cinque lingue, parla tanto per parlare. Poi ho pensato che Giorgio usava la parola "consapevolezza" la usava spesso, non gli ho mai sentito dire Dio o opinabile o satollo, ma consapevolezza gliel'ho sentita dire spesso. Io avevo una mania per le parole allora. Potevo dirti quante volte avevi detto la parola rivoluzione o cane durante una conversazione.
Socrate non la pensava così, ha detto un giorno. Poi ho pensato ai figli non nati, e poi ho pensato ai figli morti, quelli piccoli che facevo fatica a non piangere mentre ci pensavo, così piccoli. La sua conoscenza era la sua ignoranza, quella di Socrate, perché la consapevolezza di non sapere era l'unica vera sapienza, lo sai, no? dire solo domande come. Per questo Socrate non scrisse nulla, ha detto Giorgio, la ricerca non è lì. Ha detto anche che l'umano deve compiere un salto subito o meglio lasciar perdere l'umano ha detto, senza pensare a quello che diceva. La conoscenza non sta nell'interpretazione di uno, ma nelle comprensioni di molti imprendibili e immateriali che si determinano tra noi, nello scambio, come altri, ma sempre noi, questo sistema reticolare di conoscenza che non siamo, perché siamo sempre da un'altra parte, in una rete fatta solo di nodi, ma anche quei nodi di simbolo e inganno, capito come. Un uomo morale sembrava Giorgio. Un uomo che sapeva e che aveva più strumenti per interpretare il mondo, e gliel'ho detto che io non c'ero, come mi mancavo, capì come, perché ultimamente ho dei mancamenti, gli dicevo, e trovo orrendo leggere quello che scrivo e trovo orrendo partecipare a qualsiasi cosa, ecco cosa gli ho detto. La poetessa non credo abbia capito, perché parlava in cinque lingue, ma non ascoltava in nessuna. E adesso cosa farai? Giorgio mi ha chiesto. E' sempre più difficile continuare a fare. Non è vero? Ha detto Non è vero? tantissime volte che ho preso paura come.
Ora imparo a morire, avrei voluto dire, invece non gli ho detto niente.

Anonimo ha detto...

Uno dei ricordi più alti (dei privilegi) è avere più volte (anche al funerale di mio padre, in chiesa; non solo ubriachi su un divano o su una pietra) ascoltato Giorgio leggere l'Ottava Elegia di Rilke, dove si parla dell'animale - "la creatura qualsiano gli occhi suoi vede l'aperto /soltanto gli occhi nostri son come rigirati...".
Era come se l'avesse scritta lui...
(b.)